Bot Room: Andrea Atzori

La Bot Room è la stanza dove rinchiudiamo ogni tanto qualcuno da uno dei nostri rami – autori, illustratori, grafici, editor, project manager… –  per quattro chiacchiere informali, più o meno! Oggi tocca ad Andrea Atzori! Tutte le interviste nella Bot Room QUI.

[Intervista a cura di Mariapaola Pesce]

È appena uscito Il coraggio salpa a mezzanotte (Einaudi Ragazzi, 2019), un libro che racconta una storia di mare e passione, di avventura e di amicizia.  Nessuno meglio di Andrea, traduttore e giornalista di viaggio con un passato da skipper, poteva trasformare un episodio di guerra in un romanzo per ragazzi così ricco e vivido. Vorrei capire con lui come ha fatto!

Innanzi tutto, l’idea: sei partito, da storico competente e appassionato, dalla figura reale di Shetland Larsen, un eroe della resistenza norvegese. Come vi siete “incontrati”? Che tipo era?
Più che da Larsen in sé sono partito dal Bus delle Shetland, episodio veramente poco noto alla storiografia nostrana, ma fondamentale per il popolo norvegese. Ne venni a conoscenza giustappunto dopo un viaggio nelle Isole. Non sarebbe però stato possibile parlare del Bus senza menzionare Larsen, l’eroe di guerra che con la sua figura di capitano e marinaio straordinario, sempre sereno e posato, incarna il coraggio di tutti coloro che parteciparono a quelle vicende. Non è stato per nulla facile però, e un dubbio rimane: si tratta di una persona vera, con una sua vita, dei discendenti, e io mi sono preso la libertà di farlo parlare e agire nella mia finzione narrativa, sebbene storicamente fondata. Legittimo? Non senza le dovute precisazioni, che ho voluto infatti esprimere nella mia nota in coda al romanzo insieme al mio rispetto per un uomo che ha rischiato la vita per la libertà e la giustizia.

Fin dalle prime pagine, Haakon e Calum irretiscono il lettore nel loro mondo quotidiano, fatto di silenzi, di sguardi, e di capacità di comunicare senza troppe parole. E ben presto si fatica a staccare gli occhi dalla pagina. Per te che li hai creati, quanto è stato difficile lasciarli andare via, al termine della storia?
All’inizio non è stato difficile. Sentivo il bisogno di lasciar andare finalmente il romanzo dopo mesi di lavoro (forse la stesura più difficile della mia vita, finora). La nostalgia è arrivata dopo. La sto vivendo adesso. Sono bei personaggi, che mi hanno insegnato qualcosa, anche se quando li creavo non ero abbastanza sereno da starli ad ascoltare. E forse è sempre così… i libri sono più grandi dei loro autori.

A fianco di Calum e Haakon, oltre a Larsen, spicca un personaggio forte e importante: Agatha! È una ragazzina decisa, un “meccanico”, come le piace definirsi, un maschiaccio perennemente in tuta da lavoro, ma anche quella che suggella il loro patto con un rituale, dando un tocco femminile. Hai costruito un personaggio a tutto tondo, né “ribelle” di maniera, né principessa scalza. Che riflessioni hai fatto per raggiungere questo risultato che trovo assolutamente convincente? 
Nessuna riflessione. Io mi ci sono sempre ritrovato nei personaggi femminili. Mi vengono bene, molto più di quelli maschili, con cui combatto sempre maggiormente per riuscire a renderli reali e convincenti. Con le protagoniste dei miei romanzi però riesce tutto più facile. O almeno è stato così sino a ora, alle prese con generi comunque di azione e avventura. Però ecco, è sicuramente una mia sensibilità che sfugge la razionalizzazione. Nascono da sé.

Cose c’è di te, in questa storia? Sei in qualcuno dei protagonisti? Ho a sensazione che diverse tue esperienze possano avere contribuito nel creare l’atmosfera di avventura pura che si respira dall’inizio alla fine, e che rende la storia poderosa.
Grazie, davvero. Be’, c’è tanto. Sono sempre stato affascinato dal “nord”, il mio richiamo verso le alte latitudini, i loro colori, le loro assenze, è forte e costante. Inoltre sono un marinaio. Lo sono molto di meno di quello che vorrei, ma nel cuore lo rimango, e scrivere di mare mi permette di sentirmi in viaggio, anche se poi vivo in una foresta. Nel mio piccolo, ho conosciuto l’avventura vera. E mi ha definito. Da allora vivo di rendita creativa [ride], anche se temo che prima o poi finirà e dovrò rinfrescarmi la memoria con le orecchie al vento.

In questo nuovo romanzo sei lontano dalla dimensione fantasy di Iskìda della Terra di Nurak [prossimamente un film di Anthony Lamolinara], che tra l’altro ha radici profonde nella storia e cultura della tua terra d’origine. Il lavoro di scrittura è stato più o meno faticoso rispetto al fantasy?
Iskìda è un’opera di una complessità che ancora mi sfugge. L’ho scritta con l’incoscienza creativa della gioventù, e per questo è stata a suo modo paradossalmente più facile, perché istintiva. Scrivere il Coraggio salpa a mezzanotte invece mi ha messo di fronte a una dimensione artistica e tecnica mai provata prima. È stato un lavoro di chiodi e martello, di ascia e fresa, per raggiungere l’equilibrio perfetto affinché la storia arrivasse al lettore senza più il suo autore a disturbare tra le righe. Spero di esserci riuscito.

A questo posso rispondere io: assolutamente sì! Se deciderai di partire per mare, tienimi presente: chissà che anche io non catturi come te una storia così bella tra il vento e le onde.

 

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